Collocata
su un pianoro con ricca vegetazione di felci e castagni,
Piancastagnaio presenta un aspetto caratterizzato da un
pregevolissimo Castello Aldobrandesco, teatro di episodi storici
legati non solo agli Aldobrandeschi ma anche alla famiglia Orsini, signori di Pitigliano nel tardo medioevo.
Il castello è oggi adibito a museo e ad altre iniziative culturali, e registra un sistema di restauri che ne hanno valorizzato l'imponenza storica e architettonica. Da segnalare le poderose mura medioevali, che completavano le difese naturali dell'antico abitato, a testimonianza di una storia tormentata di quella comunità, interessata e vessata dalle mire espansionistiche sia delle famiglie Aldobrandeschi e Orsini, sia dell'Abbazia di S.Salvatore. In questo contesto va ricordato un edificio secentesco, il palazzo Bourbon del Monte, residenza di alti feudatari del luogo nel seicento e nel settecento, fino all'avvento del Granducato di Toscana. Nel XVI secolo fu presente in Piancastagnaio un attivo ghetto Ebraico, che ebbe ad integrarsi felicemente per lungo tempo con la comunità locale. Ridente
e piacevolissima la parte nuova del paese, le cui costruzioni si
sono collocate nel pianoro originale, che ha dato il nome al
paese, lasciando tuttavia grandi spazi verdi, occupati da
castagni secolari e da due suggestivi santuari, la chiesa della
Madonna di S.Pietro e quella di San Bartolomeo, nel cui interno è rinvenibile un
affresco di scuola senese del trecento.
Nell'attuale,
Piancastagnaio ha centrali elettriche alimentate dall'utilizzo delle emissioni
di vapore, interessante risorsa proveniente da giacimenti
geotermici di chiara origine vulcanica, che è presente anche in altre zone della
montagna amiatina (Santa Fiora e Arcidosso).
PIANCASTAGNAIO, provincia di Siena. Abitanti 4223.
Dista da Grosseto 77 km., da Siena 59 km, da Roma 175 km., dal
casello Chianciano-Chiusi dell'A1 Km. 52, da Orvieto Km. 77.
Alberghi, ristoranti ed altre strutture ricettive (in particolare
impianti sportivi), organizzazione turistica, impianti civili di
buona qualità.
Gli
abitatori sono nelle arti, nella mercatura e nella
coltura de' loro campi, industriosi, d'ingegno sottile,
di spirito vivace, pronti, arditi e parlatori. (G.A.
Pecci,Lo Stato di Siena antico e moderno, anno 1765) -------------------------- Se vi è un nome che
abbia una etimologia ragionata è senza dubbio quello
dato alla Terra di Piancastagnaio, poichè la parte
superiore dove esiste l'antico castello risiede
sull'estremo lembo del pianoro che serve di limite fra il
terreno stratiforme del Preappennino e le masse
trachitiche cristalline del Montamiata; nel quale
pianoro, specialmente dalla parte di Piancastagnaio,
veggonsi i più maestosi castagni di questa montagna, e
dirò anche della Toscana. Dissi l'antico castello
situato in piano, poichè questo solo è sull'orlo del
pianoro a capo di un'ampia strada pianeggiante che viene
dalla chiesa della Madonna di San Pietro...Ma le case
sono quasi tutte edificate sul declive della piaggia
orientale, che dalla rocca pittoresca posta sul lembo
incomincia a scendere verso la valle del Paglia. (E.
Repetti, Dizionario geografico fisico e storico della
Toscana, anno 1833). Sotto alla Terra, appunto a
mezzogiorno, vedonsi avanzi di edifizi, di fontane, e di
decorazioni, frammenti di statue, una gran vasca di
peperino tutta di un pezzo, che già ornavano un giardino
di delizia qui situato. Chiamavasi già, e si chiama
ancora il "Belvedere", sebbene or sia rovinato
e distrutto. Verrebbe voglia di ridere dell'idea strana
di costruire questo giardino e questo paese su per
un'erta, e scoscesa piaggia, mentre appunto al di sopra
si converte il suolo in una bella pianura, ove più
facile e più comodo sarebbe stato il fabbricare. Ma
siccome giù per la scesa trovansi varie sorgenti di
limpida acqua, di cui è affatto priva la pianura
superiore, si rileva agevolmente che gli antichi fodatori
cercarono di costruire le loro abitazioni a portata di
buon'acqua, che in varie fonti sorge in copia, appunto,
fuori delle porte e al di sotto del Castello. Nei castagneti di là
dalla chiesa della Madonna di San Pietro, si cava una
terra di color bianco- livido, untuosa al tatto,
lamellosa, impastabile in acqua, con cui fa schiuma come
il sapone. Se ne fa uso per purgare i panni alle
gualchiere, e dicesi perciò "terra di purgo".
E siccome nel seccarsi diviene più bianca, essa è
ricercata assai dai pittori ancora e dagli imbianchini,
da questi ultimi per imbiancare muri, volte, soffitti, e
prepararle così a meglio ricevere la pittura. Dai
pittori poi per mescolarne con i loro colori, a renderli
più chiari e più brillanti. Piccolo è il suo prezzo
qui nel paese, non piccolo poi nelle mani di quei che la
rivendono nelle città. Nella gualchiera di
Piano adoperano appunto cotesta "terra di
purgo". Vi è una gran pila, su cui posano alcuni
magli di legno: una ruota esterna, il cui asse è un gran
cilindro dentato, messa in moto dall'urto e dalla caduta
dell'acqua, girando percuote e deprime con i denti del
suo cilindro successivamente l'estremità dei vetti, ai
quali sono annessi nell'estremità opposta i magli, e
questi sollevati così alternativamente vengono a cadere
sulla pila suddetta, e continuano così a sollevarsi e
ricadere a vicenda. Mettonsi dunque in questa pila i
panni ben bagnati, e si fan così battere dai magli messi
in moto. Poi si getta sui panni una spolveratura di
"terra di purgo", e vi si fa cadere sopra
l'acqua a gocce a gocce per conservarvi così l'umidita e
spargere e incorporare la detta terra, facendo nel tempo
stesso agire e battere i magli sopra i panni. Quando poi
la terra si è ben distesa e bene incorporata, e i panni
sono ben purgati e sgrassati, vi si lascia cadere l'acqua
in gran copia per lavare e portar via intieramente la
terra e il sudiciume. Così i panni ne restano conci e
purgati. Scesemo quindi a man
sinistra di sotto le scogliere di peperino, ove le
copiose sorgenti di acqua rendono assai fresco e verde il
terreno. Fra le acque di quelle fonti pescansi degli
eccellenti gamberi, e noi stessi ne viddemo, e ne presimo
ancora. Queste acque riunite in rigagnoli, ed incanalate
scendono poi a sovvenire ai vari bisogni del paese, e
segnatamente a mandar mulini, la polveriera e la
gualchiera, che sono state costruite presso Piano. Uno dei principali capi
d'industria dei pianesi è la fabbrica di barili, bigonci
e bigoncielle, che essi fanno con legname di faggio e di
castagno. Questo lavoro, poi trasportato per tutto lo
Stato di Siena, collo spaccio sicuro, rende ai pianesi
annualmente una non piccola somma di denaro. Fanno essi
pure col legname, pale, vangili e, col visco dei
castagni, la pania, che pur si lavora in altri paesi
della Montagna.(Giorgio Santi, Viaggio al
Montamiata, anno 1795)
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