Sull'Amiata è l'elemento
religioso, più che quello storico, ad aver lasciato segni e
figure nella sensibile fantasia popolare.
S.Bernardino da Siena, che
celebrò la sua prima messa nel romitorio del Colombaio presso
Seggiano; Santa Caterina da Siena, che svolse una delle fasi più
attive e contemplative della sua vita a Rocca d'Orcia e a Montegiovi; il beato
Giovanni Colombini, la cui salma venne raccolta in circostanze
miracolose dai monaci di S.Salvatore; San Filippo Benizi,
rifugiatosi nelle boscaglie sopra Bagni S.Filippo (che da lui
presero nome) per sfuggire all'elezione a pontefice di Roma nel
conclave viterbese del 1269; per finire a David Lazzaretti di
Arcidosso, che meritò l'appellativo di "profeta
dell'Amiata" in quanto protagonista di una singolare
avventura religiosa a sfondo sociale, rappresentano altrettanti
eventi mistici che in ogni tempo fortemente influirono sull'animo
delle genti amiatine, dando concretezza ad una spiritualità, che
fa parte ormai dell'ambiente e della cultura locale.
In questo contesto si
inserisce forse la comunità buddista Merigar dell'istituto
Dzog-chen, installatasi sull'Amiata negli anni settanta, e fulcro
oggi di un richiamo spirituale recentemente riscoperto dalla
civiltà occidentale. Questa comunità si è insediata nel
versante del monte Labro, che fu teatro nell'ottocento
dell'avventura mistica e sociale di David Lazzaretti, e
costituisce meta di visite e di incontri filosofici e spirituali
di elevato livello culturale e scientifico.
David Lazzaretti
nasce ad Arcidosso (Gr) il 6 novembre 1834, secondogenito di
sette fratelli. Abitavano umilmente in Arcidosso, nella casa
paterna situata proprio sotto l'attuale Torre dell'Orologio.
David era da piccolo sveglio e vivace; apprese a leggere e a
scivere all'insegnamento del parroco della chiesa di S. Leonardo,
un austero tempio di paese, che oggi si presenta non granchè
modificato rispetto ad allora.
Ben presto fu chiamato dal padre
ad aiutare la famiglia e si trovò a condurre carri di legna, di
carbone e di terra d'ocra alla stazione di Monte Amiata. Fare il
barrocciaio fu per David occasione meditativa, consumata al lento
ritmo dei sonagli dei muli o dei cavalli. Al termine dei suoi
lunghi e faticosi viaggi, diveniva irrequieto e sregolato, come
dicono le sue biografie. Apprezzava molto il vino e le donne,
come le donne apprezzavano lui. Spesso era protagonista di risse,
nelle quali solo i suoi avversari uscivano malconci.
Nel 1868 ha delle crisi
mistiche, determinate da visioni di intensa suggestione, che ne
modificano totalmente il carattere e la personalità. Si
autoconvince a dover assolvere ad una missione divina, aderisce
con tutto il suo fervore alla Chiesa cattolica, inizia ritiri,
digiuni ed altre pratiche ascetiche, si impegna attivamente nella
costruzione di un santuario in Arcidosso e di un eremo sul monte
Labro, che è l'altura più meridionale del gruppo del
Monte Amiata.
Il successo che incontra fra le
masse, in particolare fra i contadini, è grandissimo. Dapprima
fu assecondato dal clero e dai vescovi della zona. Non poteva
essere altrimenti in considerazione del fatto che quando David
predicava a monte Labro, tutte le chiese della montagna
rimanevano pressochè deserte. Divenne per tutti coloro che
ebbero modo di conoscerlo il "Santo David".
Anche per effetto delle
pubblicazioni e dei libri che egli scrisse, la sua notorietà
varcò ben presto i confini della regione. Il movimento si estese
in Maremma, in particolare a Scansano e nelle campagne intorno a
Grosseto, e in modo altrettanto consistente nella Sabina e nel
Reatino.
Ma le esperienze più esaltanti
di David Lazzaretti, quelle che rappresentarono una forma di
concretizzazione del Vangelo cristiano, come ha sostenuto con
grande forza padre Ernesto Balducci, furono
senza dubbio il campo di Cristo e la Comunità delle Famiglie
Cristiane. Si tratta di due esperienze collettive di lavoro
comune e di comunione dei beni, con implicazioni sociali di tutta
evidenza.
Ottanta famiglie del territorio
amiatino si erano dunque organizzate, sotto la guida di David,
per dar luogo ad un esperimento associativo, che nessuna
ispirazione avrebbe potuto trarre dalle prime matrici ideologiche
socialiste, allora sconosciute a David Lazzaretti, e non solo a
lui. Solo il senso della solidarietà e della fraternità era
dunque alla base di questa audace struttura collettivistica, le
cui affinità con le filosofie sociali e marxiste rimangono
sorprendenti, per non dire precorritrici. Le stesse regole
interne contemplavano non solo la distribuzione del prodotto
della terra secondo l'apporto lavorativo e secondo il grado di
bisogno, ma anche istituti di avanzata democrazia come
l'estensione del diritto di voto alle donne, quando ancora ciò
non avveniva a livello istituzionale, l'organizzazione di scuole
gratuite e obbligatorie, nonchè l'esercizio di funzioni
giurisdizionali limitate alle controversie economiche della
struttura.
 La
torre davidica sul monte Labro
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David Lazzaretti
|
In questo esperimento
collettivistico, la straordinaria figura di David Lazzaretti
gioca il suo peso: finchè egli rimase a monte Labro le cose
funzionarono, ma quando iniziò i suoi frequenti e lunghi viaggi,
la comunità cominciò vistosamente a declinare.
Il dissenso con la Chiesa di
Roma e con le autorità civili doveva ben presto acutizzarsi,
anche per i rapporti che il Lazzaretti teneva in Francia, ove
aveva trovato seguaci e finanziamenti. In alcuni suoi scritti,
contestava apertamente le ricchezze e gli sprechi del clero e
inneggiava ad una "Repubblica" dai connotati religiosi,
ma destinata a spaventare gli assetti costituiti. Era l'epoca in
cui la borghesia italiana rimaneva sconcertata e intimidita dai
primi movimenti popolari, legati in Italia alla pratica del
brigantaggio e ai primi scioperi operai, patrocinati dai nascenti
sindacati che si andavano organizzando. Dall'estero arrivavano le
prime notizie su movimenti marxisti, ancora non ben definiti
nelle loro finalità e nelle loro dimensioni.
David
Lazzaretti muore ad Arcidosso, sotto il piombo della repressione il 18 agosto
1878, insieme a tre o quattro inermi contadini, che lo seguivano in una
processione pacifica e variopinta per la presenza di labari, di tuniche e
indumenti colorati e di contrassegni sacri. Non è stato mai chiarito,
nelle varie inchieste e indagini susseguite a questo atto repressivo, perché ad
attendere David ad Arcidosso fosse presente un militare sconosciuto, certo
Antonio Pellegrini, bersagliere in licenza, che non faceva parte della locale
stazione dei carabinieri, né delle strutture di polizia della zona. Fu questi
che colpì mortalmente David centrandolo sulla fronte. Il Pellegrini fu poi
ritrovato cadavere, qualche tempo dopo, ucciso a coltellate in un vicolo di
Livorno. La profezia del Lazzaretti (il suo martirio) si era quel 18 agosto 1878 realizzata. Il
movimento giurisdavidico (che da lui prese nome) fu oggetto di
aspre persecuzioni. Oggi è tuttora presente con pochi seguaci nel
territorio amiatino, dove è tuttavia profondamente rispettato nel ricordo di un
protagonista, la cui buonafede e il cui impegno umanitario sono stati
evidenziati dalla rilevante letteratura storica e
scientifica che è andata via via producendosi intorno al "profeta
dell'Amiata".
La ricerca
storica ha ormai dimostrato l'assenza di dolo e di violenza nella predicazione di
David Lazzaretti e di contro un eccesso immotivato di persecuzione e di
repressione, forse dovute alla ragion di Stato
e al dogmatismo religioso dei benpensanti. Fu la paura presente negli assetti
economici allora dominanti che determinò il tragico esito dell'avventura
lazzarettista. In verità David interpretò,
vivendole oggettivamente col martirio, situazioni umane e sociali
di gente anelante al riscatto o almeno alla speranza.
Simboleggiò per questo la forza della protesta della gente
dell'Amiata, le cui condizioni economiche e sociali erano
all'epoca estremamente disagiate, incanalando la protesta stessa
in un percorso mistico e rivendicativo del tutto originale, che
merita oggi un attento studio e una doverosa rivalutazione.
La cospicua
bibliografia su David Lazzaretti si è venuta a dipanare nel tempo
secondo interpretazioni e procedure varie e discontinue, spesso legate ai tempi
in cui essa si è prodotta, registrando testi di autori di notevole spessore
culturale. Giacomo Barzellotti, Eugenio Lazzareschi, Mario Pratesi, E.J.
Hobsbawm, Antonio Gramsci, Ambrogio Donini, e più recentemente Antonio Moscato,
Anna Innocenti Periccioli, Francesco Pitocco,
Alfio Cavoli, Francesco Bardelli, Ernesto Balducci, Piero Gadda Conti (premio
Bagutta 1971), Arrigo Petacco, Roberto Gremmo, Alessandro Hellmann, Paolo Lorenzoni hanno contribuito in modi molto articolati, non solo alla ricerca
storica sul movimento lazzarettista, ma anche alla produzione di opere
letterarie di elevato livello.
Ma l'interesse e
la curiosità intellettuale sull'avventura mistica del profeta dell'Amiata, non
si sono spenti, nè attenuati. Anzi sono venuti sempre più intensificandosi fino
a spingersi in ricerche e studi di vaste dimensioni, al fine di inquadrare i
fatti in termini storici e sociali, tali da poter rispondere a ipotesi
superbe e suggestive di vasta portata: la genesi di uno scisma e l'evolversi
verso un nuovo credo, una protesta sociale incanalata in un rinnovamento
religioso, una cultura subalterna che sperimenta forme comunitarie
anticipatrici di una filosofia socialista. Come si vede la materia per studi
sempre più avanzati non manca. Per chi intende approfondire questa affascinante
storia del "profeta dell'Amiata" potrà trovare un valido supporto visitando
il Centro Studi David Lazzaretti, in Arcidosso, e consultando due recenti testi
su David Lazzaretti, scritti da Lucio Niccolai, "D.L. Il racconto della vita, le
parole del profeta" e "D.L. davanti al Sant'Uffizio" per le Edizioni
Effigi, testi che presentano vari elementi di novità documentale e di completezza
espositiva.
Nella lirica
"Notizie dall'Amiata" del 1939, Eugenio Montale sottintese un velato e
suggestivo interesse sul movimento di David Lazzaretti, i cui luoghi furono
per il poeta lo scenario per un'implorazione alla donna amata, come lo
stesso Montale ricordava in una sua lettera del 22 maggio 1964. Più
recentemente Simone Cristicchi ha portato sulle scene dell'avanguardia
teatrale una piece sul mistero di David Lazzaretti. "Il secondo figlio di
Dio", scritto dalla stesso Cristicchi e da Manfredi Rutelli, con la regia di
Antonio Calenda. Un tour che ha percorso i teatri della penisola, ottenendo un
successo artistico e culturale di tutto rispetto.
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